L’UTILIZZO DEI DRONI NELLA RILEVAZIONE DEI GAS INQUINANTI
Che la tecnologia dei droni sia ormai il punto di svolta per l’innovazione in molti ambiti tecnologici è un dato di fatto, i droni vengono da tempo adoperati nei più vari campi; si può infatti riscontrare l’utilizzo dei droni in ambito militare e nelle spedizioni, nella videoregistrazione e come anticipato dal titolo nell’analisi della CO2, CH4, VOC o più in generale nell’analisi di sostanze nocive nell’aria.
Entrando nello specifico delle analisi delle sostanze nocive, il drone utilizzato si presenta come di seguito:
Figura 1. Immagine riferita drone con sensore.
Il drone presenta quindi un rilevatore per gli inquinanti montato sulla testa1, che tramite il sistema a Tunable Diode Laser Absorption Spectroscopy o IR o Photoionization Detector (la scelta del metodo di funzionamento dipende dal tipo di inquinante da analizzare) interno permette di rilevare gli inquinanti. Andando nello specifico dei sensori, e prendendo in esame, per esempio, il PID (Photoionization Detector) vedremo che ha un intervallo di rivelazione molto ampio che mediamente va da 1 ppb a 10000 ppm. In un rilevatore a fotoionizzazione, i fotoni (emessi tramite una luce ultravioletta prodotta da una lampada ad argon di 11,7 eV) con energia opportuna ionizzano positivamente le molecole di gas eluite all’interno della camera del rilevatore. Nel rilevatore a fotoionizzazione2 le molecole che hanno un potenziale di ionizzazione al di sotto dell’energia specifica della lampada vengono ionizzate dalla radiazione ultravioletta prodotta dalla lampada, quella invece con un p.d.i. superiore all’energia della lampada non assorbono la radiazione e rimangono quindi neutre, venendo conseguentemente ignorate dal rilevatore. Gli ioni e gli elettroni così prodotti per fotoionizzazione vengono raccolti da un paio di elettrodi polarizzati che tramite il sistema di elaborazione dati, trasformano il segnale elettrico in mV in un segnale digitale direttamente proporzionale alla concentrazione dell’inquinante.
Figura 2. Immagine riferita al funzionamento PID.
A questo punto, entrando nel vivo dell’argomentazione, illustriamo una delle tante possibili applicazioni della tecnologia che incorpora il drone e l’annesso rivelatore. Citando un’indagine sul livello dei VOC nei pressi di un’industria chimica è possibile notare come utilizzando il drone si può mappare completamente un’area maggiore rispetto a quella che potrebbe mappare nello stesso arco di tempo un operatore a terra con un PID portatile3. Inoltre, il drone consente di decidere a che quota svolgere l’analisi, in modo tale da non trascurare la dispersione nell’aria degli inquinamenti in base al proprio peso specifico4.
Figura 3. Immagine riferita a zona mappata dal drone con i relativi dati di concentrazione dei VOC.
Figura 4. Immagine riferita alla quota mappata dal drone con i relativi dati di altezza.
Dai dati ottenuti tramite l’analisi con il drone è stato possibile determinare per area e per quota le concentrazioni dei VOC nei pressi dell’azienda, permettendo così agli operatori di prendere le dovute precauzioni in termini di DPI e di determinare se le emissioni prodotte dall’azienda rispettassero o meno le norme imposte per legge sui limiti di emissione. Questo è solo uno dei tanti campi di applicazione del drone munito di rilevatore.
Puoi trovare altri articoli inerenti all’utilizzo dei droni sul sito GreenScience.
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